Vanni Codeluppi
2 Luglio 2025

IN 5 MINUTI. Conversazione sulla prossimità con il sociologo Vanni Codeluppi

Consumi e prossimità nell’era digitale: perché il negozio sotto casa può ancora fare la differenza. Conversazione con il sociologo Vanni Codeluppi.

In un mondo in rapido cambiamento, il concetto di città e di vita urbana si sta trasformando profondamente, influenzando anche le dinamiche del commercio e delle relazioni sociali. Ne parliamo con il sociologo Vanni Codeluppi, che ci offre una riflessione approfondita su come la città tradizionale stia lasciando spazio a una realtà nuova, segnata dall’ipermodernità, e sul ruolo cruciale del commercio di prossimità in questo contesto.

Professor Codeluppi, come è cambiata nel tempo l’idea di città e quale significato assume oggi, in una società segnata da trasformazioni così rapide?

«Abbiamo sempre immaginato la città come il luogo in cui, sin dall’antichità, le persone scelgono di vivere insieme, costruendo relazioni e attività commerciali. È un’immagine ideale, quasi utopica: una città armoniosa, capace di offrire benessere e realizzazione dei desideri di chi la abita. Per secoli, questo modello ha rappresentato un punto di riferimento. Ma oggi, quel paradigma appare ormai superato. Da alcune decine d’anni, infatti, siamo entrati in una nuova fase storica. I sociologi la descrivono in modi diversi: c’è chi parla di postmodernità, ma io preferisco il termine "ipermodernità”. Viviamo in una realtà segnata da un’accelerazione costante dei ritmi quotidiani, è un modello di società che dobbiamo comprendere più a fondo e con cui dobbiamo imparare a confrontarci».

In che modo queste trasformazioni della società e del modello urbano stanno influenzando il commercio?

«Anche il commercio, che fin dall’antichità ha rappresentato un elemento fondamentale di coesione per la città e per la vita civica, oggi attraversa una fase di grande difficoltà. Ne siamo consapevoli e riconosciamo al commercio di prossimità un valore sociale e culturale importante, ma purtroppo i dati parlano chiaro: da tempo assistiamo a una chiusura costante dei negozi. La città contemporanea, che si è allontanata dal modello tradizionale per diventare sempre più complessa e contraddittoria, mette a dura prova queste forme di commercio locale, che faticano a reggere il passo per molteplici ragioni».

Come la crescita del commercio digitale sta influenzando le dinamiche tradizionali delle città e del commercio di vicinato?

«Oggi si è affermata una nuova realtà legata al mondo digitale, dove le piattaforme online svolgono un ruolo simile a quello che un tempo avevano le città. Sono spazi virtuali in cui le persone si incontrano, acquistano, lavorano e svolgono molte delle attività che prima si concentravano negli spazi urbani. Questo crea sicuramente una forma di concorrenza per il commercio tradizionale. Basti pensare che solo lo scorso anno, in Italia, sono stati consegnati quasi un miliardo di pacchi direttamente nelle case dei consumatori, a dimostrazione dell’importanza crescente dell’e-commerce. Questo naturalmente crea difficoltà per il commercio all’interno delle città e, a mio avviso, comporta anche un impoverimento della vita urbana. La chiusura dei negozi non rappresenta solo una perdita economica, ma determina anche un indebolimento delle relazioni sociali, della partecipazione civica e della vitalità della comunità».

In una società così trasformata, quali sono le potenzialità del commercio di vicinato?

«Credo che il cittadino debba tornare a essere centrale. Dare valore alla persona significa dare valore alla vita della città in tutte le sue dimensioni, da quella commerciale a quella culturale, fino a quella politica e sociale. Quando si mette al centro il cittadino, si rafforza l’intero tessuto urbano. Oggi c’è un bisogno fortissimo di servizio, dettato soprattutto dall’accelerazione dei ritmi di vita. Le persone hanno sempre meno tempo a disposizione, e questa mancanza di tempo è una delle esigenze più sentite. In questo contesto, il commercio può giocare un ruolo importante offrendo soluzioni su misura, basate sulla conoscenza diretta e sul dialogo con il cliente. È proprio questa relazione che permette di costruire un servizio personalizzato, capace di rispondere in modo efficace ai bisogni concreti delle persone».

Qual è il ruolo della fiducia nel rapporto tra negoziante e cliente, e perché resta così determinante per la sopravvivenza del commercio di prossimità, anche in un contesto sempre più digitale?

«La fiducia che si costruisce attraverso questo rapporto rappresenta non solo un legame umano, ma anche una garanzia concreta, ad esempio sulla qualità e sull’affidabilità dei prodotti acquistati. Il valore della prossimità risiede proprio nella capacità di creare una relazione solida, basata sulla fiducia reciproca. Tutto il resto, compresa la tecnologia, deve servire a facilitare e rafforzare questo legame».

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